SEMINARIO: “TRITORDEUM, IL CEREALE DEL FUTURO”

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SEMINARIO: “TRITORDEUM, IL CEREALE DEL FUTURO”

In questa overdose di cibo in tutte le salse e in tutti i contesti, sarebbe opportuno riprendere a parlare di cibo che previene e/o cura la malattia e la ricerca gastronomica innovativa che guarda al futuro si muove nello spazio della Nutraceutica. Nell’incontro di venerdì 4 maggio, nella Sala delle Feste dell’I.P.S.S. E. O. A di Polignano a mare, si è parlato di Tritordeum, primo ibrido naturale nato dall’incrocio di grano duro ed orzo selvatico in Spagna, attraverso un procedimento di selezione che ha richiesto ben 30 anni di studi. L’azienda Intinifood di Putignano da qualche anno lo coltiva in convenzionale e biologico in 60 ettari di terra murgiana da Putignano e Gravina. Ridotta l’altezza a 80 cm., per ostacolare il distacco della granella dalla spiga e quindi la dispersione dei chicchi, con radici più radicalizzate nel terreno per conservare meglio l’acqua limitando il numero delle irrigazioni, questo grano può soddisfare con le sue tre tipologie di sfarinati (farina, farina integrale e semola) le richieste di

panificatori, pastai, pasticceri oltre che di produttori di birra per il buon valore del suo malto. La semola ha un colorito più giallo, grazie alla luteina, potente antiossidante in grado di proteggere la salute degli occhi e la degenerazione maculare prevendo o ritardando fenomeni come la cataratta. Presenta inoltre una percentuale maggiore di proteine (11-13%), quindi un grado di digeribilità più alto per la ridotta presenza di amido, con conseguente indice glicemico più basso che ne permette il consumo, nella sua forma integrale, anche ai diabetici. Tra i lipidi della cariosside prevale l’acido oleico (abbondante nell’olio d’oliva) che è più stabile all’ossidazione e previene le malattie cardiovascolari. Ricco di fibre dietetiche che conferiscono sazietà e agevolano il transito intestinale, tra cui i fruttani che, influenzando positivamente la flora microbica intestinale, aiutano a preservare il corretto funzionamento dell’organismo. L’azienda Intinifood segue tutti i passaggi: dalla semina in terreni sottoposti precedentemente a rotazione con leguminose, alla raccolta, preceduta dalla selezione di alcune spighe per controllare il grado di umidità e garantire un’ottima conservazione, alla selezione con apposite macchine per eliminare i chicchi spezzati e altri semi, al controllo costante nei magazzini fino alla produzione di farine ottenute con macine a cilindro, attraverso quattro passaggi con una resa del 68%. Sul mercato accanto ai tre tipi di sfarinati è possibile acquistare anche alcune tipologie di pasta e la granella di tritordeum perlata. Un prodotto quindi pienamente locale e a km 0.

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